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DOLCE
PAROLA, INDUGIA
Dolce Parola, indugia qui sotto questa casa la nostra casa allora che c'eran le stagioni e feste colorate dai fiori e dalla neve lascia che questa ninfa, la ultima rimasta a correr nel gaggiaio scenda nelle tue acque sollevando i suoi veli fino alle cosce bianche che in sonni adolescenti sognammo di toccare, il cuore ci batteva e le nostre mani rosse di sangue nuovo su quel tepido bianco stavano ferme, immobili mentre il vento leggero alzava un poco i veli ed aveva la voce di chi dice un mistero Dolce Parola, indugia, la ninfa si vuol bagnare e poi dovrà andare dove son le sorelle, oh com'erano belle coi color di stagioni dipinti sulla pelle, solo noi sapevamo questi riti, misteri confidati dai venti che scendevan leggeri dalle due coste a valle per giocare coi veli fra le gaggie e nell'acqua le tue acque pasquali benedette dai suoni di campane risorte, era quello il momento che anche tu ti fermavi un po' prima del ponte, miracolo pasquale Là immobile ti vidi al suon delle campane quel Sabato vigilia della Risurrezione, era tardo mattino e per le campagne s'era sparsa l'attesa mentre tu correvi giù dai boschi, veloce, chiara come le nevi che ti avevan creata, ma là prima del ponte ti ho vista fermata, e le minfe che avevano ascoltato l'oracolo del vento nel gaggiaio correvano da te
cantando
con le campane - a vedere il miracolo Ora che son tornato e c'è un'unica ninfa
nelle
nostre campagne ninfa che si rifugia fra il gran verde di Pieve . Pieve disabitata,
con
chi potrò rammentare le cose del passato se anche lei dovrà andare ? Dolce Parola, indugia, lasciaci ricordare.
20 febbraio 1986
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