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La casa dei ricordi La casa dei ricordi si trova in un podere situato fra le colline di Pieve Cusignano. Il podere fù acquistato da un avo nella prima metà dell'ottocento e da allora divenne casa di famiglia per le vacanze estive. Nel corso dell'ottocento la casa ha subito una radicale trasformazione ed ampliamento :da modesta abitazione rurale con tipica configurazione a torre, porta morta e stalla adiacente, è stata rialzata inglobando la torre e i rustici sono stati edificati di fronte. Casa dei ricordi Dalle ricerche condotte dall'architetto Paolo Zermani di Varano risulta che nella prima epoca della Marca Pallavicinia, nella zona fossero state costruite numerose torri per vigilare su terreni e boschi e come avvistamento in caso di pericolo e che a queste fossero state aggiunte successivamente case di abitazione per i coloni. Nella nostra casa si evidenzia una parte più antica, quella detta appunto "torre" consistente in una stanza quadrata di media grandezza che porta i segni delle feritoie. Un tempo il podere era coltivato a filari e vi era stata impiantata una vigna che produceva vino famoso nei dintorni.Ora è coltivato a grano ed erba medica. Ecco alcune foto che illustrano il lavoro dei campi prima della meccanizzazione.
Trebbiatura del grano
Trebbiatura del granoturco
Irrorazione della vigna
Concimazione dei campi
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Poiché ogni generazione ha lasciato in questa casa la sua traccia, essa è diventata per noi discendenti la Casa dei Ricordi. E inoltre Pieve, per la dolcezza del paesaggio e delle sue colline, è stata fonte di ispirazione per i poeti di famiglia.
Ecco come si esprime il Nonno Lupo, versato in vari settori e poeta di intonazione classica.
Stralcio di poesia dedicata al figlio combattente al fronte nella I° Guerra Mondiale.
Martirio
Qui ne la Pieve tua, si come in porto nave di lungo procelloso errare, la stanca anima mia cerca conforto al suo dolore. Invano! Il rimembrar è qui più vivo ad ogni passo e ad ogni istante parmi cara una voce udir, di clivo in clivo, forte chiamarmi. ………………………. mentre la Pieve tua, la dolce Pieve, questa valle che nascere ti vide, lieta e tranquilla nel meriggio greve al ciel sorride ...
Pieve di Cusignano, 1917
Maggio
Con questa lettera semplice e breve io ti comunico che qui alla Pieve
Parmi rinascere divento arzillo siccome un passero siccome un grillo
Tu non ti immagini in qual misura si senta il palpito della natura
Quale incantevole tripudio verde ove insaziabile I' occhio si perde
Ove sorridon le piante e i fior ove gorgheggiano gli augelli in cor
Qui scorre placida la mia giornata nell'aria tiepida e profumata
Pieve di Cusignano, 1949
Anche la nipote, con linguaggio più moderno, cosi' descrive Pieve.
Pieve
Valle raccolta Modesta e queta dolcemente compresa dai suoi monti; sembrano monti e sono prime dolci colline ! Un fiume s'incammina no, è torrente piano ,ghiaioso snodando pioppi giunchi e canneti. Nell'alveo respiro là fra le ghiare ardenti beve il tramonto la tortorella gentile canta la rana forte col vento lungo le notti estive.
Tappeti a squadra verdi, rossastri, cupi lunghi filari a spalliera; salici gialli, gelsi, betulle e giù nelle frane argillose bionda ginestra fiore del sole.
Lungo la strada pigra, assetata siepi incolore: qua e là diffuse case, piccole, gaie o scure dal tempo e intorno fiori, fiori di campo fiori di bosco edera, felci, tristi lillà.
E' questa Pieve dal campanile nascosto Pieve dolce e gentile Ho quivi sperso nel contemplare vaghi tramonti gli anni più verdi e ancor disperdo le ore deserte.
Pieve 1954
Mondo dell’infanzia O terra, o volto del settembre nel profilo dei monti o balzi o tondi ove la solitudine è segreto al piccolo orizzonte
viti dolcemente tese, tremolio di salci ove l'erba cresce più cupa fra il refe
O mondo dell'infanzia ove ricordi lieti fugano i latrati del presente. Aspiro profumi antichi quanto la mia esistenza
La tua gente ancora emana di stalla, lieve nell' incalzar dei tempi nel trasmutar del costume.
Vita facile per quanti son rimasti saggi e lenti a fruire di una civiltà piena
Quando s' acqueta il rumore uguale del ferro i suoni son quelli: il vento, gli uccelli il farneticare delle dindie nell'ora accesa
Distese le braccia i palmi aperti a posseder la terra, come un tempo cedo alla dolcezza, m'avvolge il senso di una felicità serena.
Oh, Signore fa che questi colli non mi siano tolti.
Pieve 1970
E per concludere il nonno racconta un episodio realmente accaduto in quel di Pieve nel dopo guerra La frittata di Mio Nonna Berta una mattina sul tavolo di cucina pose un uovo grosso e gaio tolto allora dal pollaio con la tacita intenzione di far un bel zabajone indi in sala entra in fretta per levarsi la sciarpetta
Mio ch'è sempre e ovunque attento approfitta del momento e sfacciato come il diavolo spicca un salto sopra il tavolo vede l'uovo e tosto inizia il suo gioco in gran letizia. Piano piano s'avvicina con la sua gentil zampina tocca l'uovo e questo oscilla ei di nuovo lo titilla lo rimira, lo palpeggia l'accarezza, lo vezzeggia tutto preso dall'orgasmo s' abbandona all' entusiasmo ora al petto se lo stringe or di scatto lo respinge lo rincorre, lo riafferra poi più forte un colpo sferra ... l' uovo rotola veloce verso il suo destino atroce già è sull'orlo ... il fatal moto non s'arresta ... ahimè nel vuoto cade, oh orribile momento ... s' ode un paff sul pavimento ... ecco fatta la frittata ! ! !
Al rumor della cascata nonna accorre, vede il tutto ! ... "Uh ! Bestiaccia, farabutto, - grida irata - maledetta bestia falsa, aspetta, aspetta te la do io ora la paga ..." e a sfogar meglio la maga dà di piglio alla ramazza ... ma Mio via per la terrazza giù scappando a precipizio per la scala di servizio, raggiungendo un nascondiglio sano e salvo dal periglio. Ma, calmato il batticuore cagionato dal terrore pensa: Oh quanto è mai mal fatto questo mondo. Un pover gatto perché ha fatto un bel giochetto ed ha rotto un solo ovetto contro il suo desiderio, si scatena un putiferio, lo si sgrida, lo si scaccia gli si dà della bestiaccia se non fosse gamba lesta gli farebber pur la festa . . . . . . Marzo 1949
IL GATTO " MIO"
La storia del gatto Mio
Il gattino trovatello
Ma chi è dunque questo Mio? -Nol sapete? Vel dico io - E' un gattin che fu trovato in un fosso, abbandonato. Era lì chi sa da quando mamma Micia invan chiamando da la fame streminzito e dal freddo intirizzito. Stava lì tutto tremante con lo sguardo intorno errante. Chi sa mai quanto spavento chi sa mai quanto tormento miagolando disperato fino a perder tutto il fiato contro il suo destino atroce fino a perdere la voce. Ma una fata bella e pia l'innocente al fin udia, e a lui venne, lo raccolse ed a certa morte il tolse e cangiogli il pianto in riso e l'inferno in paradiso! Or, felice, il trovatello s'è rimesso e fatto bello il pel liscio, rilucente, l'occhio vivo e intelligente, il musetto arguto, e fiero , dal cipiglio battagliero, occhi verdi, pel tigrato; un campion del suo casato. E' mansueto e s'affeziona perfino anco alla padrona che assai spesso lo minaccia e gli fa la brutta faccia e talor per distrazione, non gli dà la colazione; ma non serbale rancore perché sa che il malumore è l'effetto sol dei nervi cui siam tutti più o meno servi Quando a spasso va il nonnino, come un vero, cagnolino or lo segue, or lo precede or d'un tratto retrocede, in agguato lì s'acquatta ed il nonno attende , scatta quando questi giunge al varco come già saetta all’arco; ma trattien l'audace mossa, ché la preda è troppo grossa ed allora il biricchino cambia il gioco in rimpiattino, corre, salta e sulle piante s'arrampica, trionfante, l'occhio brilla soddisfatto e par che dica: cane o gatto, il nonnino , son ben certo, lo distraggo, lo diverto. Se qualcun gli liscia il pelo gli si mostra pien di zelo, si raddrizza, alza la coda, com’è sempre di sua moda, salta in grembo e quasi a scusa, si strofina e fa le fusa, pigia, pesta, a non finire e l'unghietta fa sentire. Tutto ciò per far vedere ch'egli prova un gran piacere e che in sua muta eloquenza vuol pur dir riconoscenza. . . . . . . . . . . . .
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